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autore
brano
 
Cicerone
I doveri, III, 73
 
originale
 
[73] Periclitemur, si placet, et in iis quidem exemplis, in quibus peccari volgus hominum fortasse non putet. Neque enim de sicariis, veneficis, testamentariis, furibus, peculatoribus, hoc loco disserendum est, qui non verbis sunt et disputatione philosophorum, sed vinclis et carcere fatigandi, sed haec consideremus, quae faciunt ii, qui habentur boni. L. Minuci Basili locupletis hominis falsum testamentum quidam e Graecia Romam attulerunt. Quod quo facilius obtinerent, scripserunt heredes secum M. Crassum et Q. Hortensium, homines eiusdem aetatis potentissimos. Qui cum illud falsum esse suspicarentur, sibi autem nullius essent conscii culpae, alieni facinoris munusculum non repudiaverunt. Quid ergo? Satin est hoc, ut non deliquisse videantur? Mihi quidem non videtur, quamquam alterum vivum amavi, alterum non odi mortuum.
 
traduzione
 
73. Facciamo la prova, se non hai nulla in contrario, e proprio basandoci su quegli esempi, in cui gli uomini in generale non credono, forse, di essere in fallo. Non si deve trattare, qui dei sicari, degli avvelenatori, dei falsificatori di testamenti, dei ladri, dei rei di peculato, che non devono essere domati con le parole e le discussioni dei filosofi, ma con le catene e il carcere; consideriamo, invece, le azioni di coloro che godono la fama di uomini dabbene. Taluni portarono dalla Grecia in Roma un falso testamento di Lucio Minuoio Basilo, uomo ricco; per poter raggiungere con maggior facilit? il loro scopo, vi misero come eredi, insieme a loro, Marco Crasso e Quinto Ortensio, due uomini tra i pi? importanti in quel periodo; costoro, pur avendo sospettato che il testamento fosse falso, ma non essendo complici di alcuna colpa, non rifiutarono il piccolo regalo che veniva loro dalla colpa altrui. Dunque, ? sufficiente questo perch? non sembrino colpevoli? In verit? non mi pare, sebbene abbia amato l'uno, quando era in vita, e non nutra odio nei confronti dell'altro, ora che ? morto.
 

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